CONOSCI IL SEGRETO DELLA COMUNICAZONE?

CONDIVIDI

Pensi di possedere già il segreto della comunicazione? Hai una buona capacità di risoluzione dei conflitti e una comunicazione efficace con il tuo figlio?

Tutti abbiamo problemi di comunicazione… Parole, quante parole che usiamo tutti i giorni… e più parliamo meno ci capiamo. Nell’era della comunicazione abbiamo tutti difficoltà a comprenderci.

Comunicazione viene dal latino communicare, composto da cum “con” e munire “legare”, pertanto è mettere in comune, rendere partecipe.

L’operazione attraverso la quale trasmettiamo delle informazioni è l’azione, consapevole o inconsapevole, verbale o non verbale, tramite la quale si fanno conoscere agli altri le proprie idee, i propri sentimenti, i propri interessi o le proprie convinzioni.

“Il maggior problema della comunicazione è l’illusione che sia avvenuta.” – George Bernard Shaw 

Leggi tutto “CONOSCI IL SEGRETO DELLA COMUNICAZONE?”

CONDIVIDI

GENITORE IDEALE -IL TUO È UN AMBIENTE ORDINATO?

CONDIVIDI

AMBIENTE ORDINATO

Ordine o disordine…  Non prenderla subito sul personale, non ti sto mica criticando e non voglio dirti come ordinare casa tua, ma…

Ho sentito la necessità di scrivere quest’articolo sull’ambiente, in seguito ad un’esperienza personale che ho vissuto recentemente. Ho appena fatto un trasloco, quindi mi sono trasferita da un’abitazione in un’altra nella quale vivo attualmente.

“Io sono me più il mio ambiente, e se non preservo quest’ultimo non preservo me stesso.”- José Ortega y Gasset 

Non era la prima volta che cambiavo casa nella mia vita, anzi, ho vissuto in ben dieci case in quasi quarant’anni e questa non era altro che l’undicesima della lista e probabilmente neanche l’ultima.

Ma questa volta ho vissuto questo cambiamento con una consapevolezza diversa rispetto alle altre volte. In seguito agli studi montessoriani che mi hanno permesso di approfondire la relazione che c’è tra l’educazione nell’ infanzia e l’ambiente, ho potuto riflettere molto sia sul trasloco attuale che sui passati cambiamenti di ambiente vissuti precedentemente.

Come in ogni trasloco degno di questo nome, per qualche giorno, a volte per delle intere settimane, si vive in un caos quasi assoluto. Per la paura di non fare in tempo si iniziano a fare le scatole con diversi giorni di anticipo e ad incartare tutto.

“Il nostro contributo al progresso del mondo deve consistere nel mettere ordine nella nostra casa.” – Mohandas Gandhi

Dopo qualche giorno vissuto in un ambiente così disordinato e caotico però, inizia a presentarsi una sensazione di sconforto talmente fastidiosa al punto da destabilizzarci nel vivere la nostra quotidianità.

Nonostante per me questo è stato il più impegnativo di tutti i traslochi precedenti per il notevole quantitativo di cose da spostare, compresi anche molti mobili, fortunatamente mi è successo di affrontare la situazione in maniera molto stancante ovviamente ma comunque poco destabilizzante.

Quindi mi sono domandata il perché questa volta fosse stato diverso dalle altre volte…

Volevo capire perché altre volte ho subito un vero shock nel cambiamento di abitazione ed invece questa volta no, o comunque perché l’ho affrontato molto più serenamente.

“Qualunque cosa la mente umana si trovi a dover comprendere, l’ordine ne è una indispensabile condizione”.- Rudolf Arnheim

Come suggerisce anche il metodo montessoriano, è assolutamente vero che l’ordine delle idee segue e  viene determinato da un preciso ordine delle cose, ma è verissimo anche che l’ordine delle cose procede secondo un preciso ordine delle idee se questo è ben chiaro e consolidato.

Quando si preparano le scatole con anticipo, si tende a incartare gli oggetti di scarso utilizzo. Questo è sicuramente un buon metodo per avvantaggiarsi, ma c’è un problema che tutti quelli che hanno traslocato almeno una volta facendo così conoscono molto bene.

Dopo poco, si raggiuge un tale numero ci scatole che è impossibile ricordare la collocazione di ogni oggetto. Pur scrivendo il loro contenuto, non è possibile riportare sulla scatola il nome di ogni oggetto contenuto all’interno.

Questa modalità produce un caos e una confusione da impedire di avere la capacità di sostenere una mente serena e un ordine di idee cosante. Se questo stato viene prolungato nel tempo abbastanza a lungo, crea una sensazione di stanchezza mentale, di destabilizzazione e di confusione tale da modificare lo stato d’animo e la serenità della persona.

“La natura è ordine e l’ordine è razionalità.” – Aristotele

Personalmente ho resistito all’impulso di fare le scatole per tempo, ho tenuto duro fino all’ultimo senza cedere alla paura di non fare in tempo a fare tutto.

Per prima cosa ho iniziato a liberare e predisporre l’ambiente destinatario ad accogliere tutto ciò che sarebbe arrivato.

Poi è iniziato lo spostamento facendo le scatole cassetto per cassetto, un ambiente alla volta,  cercando di mantenere il più possibile la collocazione originale di ogni oggetto.

Ho cercato in sostanza di avere sempre ben chiaro in mente il contenuto di ogni scatola per ogni cassetto di appartenenza

In somma, appena portato le cose nella nuova casa e rimontato i mobili, le cose all’interno delle scatole erano già presenti nelle rispettive stanze di provenienza e ritrovavano quasi subito la loro collocazione originaria.

“Per essere disordinati bisogna avere molto tempo da perdere”. – Roberto Gervaso

Mi sono chiesta da dove proviene quest’ amore per l’ordine…per le cose fatte in un determinato modo, con un certo rigore di pensiero…

Non sono maniaca dell’ ordine in casa da farla diventare un museo, non ho fissazioni ossessive ed ho addirittura delle cose ancora da sistemare in alcuni scatoloni.

Ma ogni scatola è nella sua stanza di appartenenza, in attesa di ritrovare il suo posto su una mensola da rimontare o su uno scafale ancora da comprare, e so esattamente dove trovare qualsiasi cosa potessi mai cercare.

 “Per aiutare un bambino, dobbiamo fornirgli un ambiente che gli consenta di svilupparsi liberamente” – Maria Montessori

E quindi ho capito, mi sono ricordata le parole del mio professore quando parlava dell’ ambiente Montessori.

Non è il segno d’un carattere sottomesso a una disciplina esteriore, ma piuttosto interiore.

Non è una repressione degli istinti, ma semplicemente un rigore e una precisa sequenza logica delle cose necessarie all’esterno per ottenere una sicurezza e una stabilità all’interno di noi stessi.

L’ordine e il rigore dell’ambiente montessoriano favorisce la costruzione di una maggiore sicurezza che permette ai bambini di essere più coraggiosi, di esplorare e sperimentare cose nuove, di osare di più.

La giusta combinazione di libertà e di responsabilità che fanno di un bambino un futuro adulto socialmente integrato e consapevole del ruolo che ha nella società, sono frutto anche della struttura dell’ ambiente circostante.

“L’amore per l’ambiente non dovrebbe essere solo quello, sottilmente egoistico, che mira a valorizzarlo e a migliorarlo per rendere la vita più piacevole e più sana, ma è un dovere, un imperativo morale di rispetto quasi sacrale per madre natura che crea e nutre tutte le specie, quella umana compresa”  – Umberto Veronesi

In effetti, un bambino che ha avuto modo di sperimentare un ambiente tranquillo, organizzato, ordinato sarà un adulto molto più sicuro di sé, sicurezza determinata da un sottile rigore mentale e logico che da una sana certezza interiore.

Al contrario chi ha vissuto o continua a vivere in ambienti disordinati e confusionari, è molto probabile che siano a loro volta disordinati, e vengano influenzati anche emotivamente da un senso di insicurezza, di precariato e di incertezza.

Questo non significa diventare ossessionati dalla sistemazione della casa o dalle pulizie, ma essere magari attenti che gli oggetti siano sempre al loro posto quando non vengono utilizzati.

Se capita invece di cambiare il posto ad alcuni oggetti presenti in casa e che sono di utilizzo comune, anche i figli dovrebbero essere informati quando decidiamo che questi oggetti debbano essere collocati altrove.

In questo modo, oltre che dare un senso di sicurezza come dicevamo, stimoliamo anche l’apprendimento di una regola non scritta di rispetto e considerazione verso gli atri e si facilita una buona convivenza.

“La mamma ha uno strano concetto dell’ordine: lo confonde con la geometria…. Vuoi mettere che bel colpo d’occhio, dopo che è passata la mamma? Che importa se tu non ci capisci più nulla?”  – Gianni Monduzzi

Inoltre se ci riferissimo ad un ambiente di apprendimento, dovremmo riuscire a renderlo ricco attività che stimolino l’interesse del bambino. I bambini amano sperimentare, imparare nuove cose e sono curiosi per natura, pertanto vanno solo incoraggiati e supportati a condurre le loro esperienza, al contrario di come spesso facciamo.

Ma questo è un altro discorso troppo complesso che merita di essere affrontato in un intero articolo per poter essere approfondito a dovere.

Intanto, potresti raccontarmi qual è il tuo pensiero riguardo all’ambiente o se hai mai sperimentato l’esperienza destabilizzante di un trasloco.

Se invece hai qualche dubbio o  ti serve qualche consiglio su come strutturare l’ambiente per il tuo figlio scrivi pure a bambinoideale@gmail.com per una consulenza personalizzata.

“È il disordine a renderci schiavi. Il disordine di oggi consuma anticipatamente la libertà di domani”. – Henri-Frédéric Amiel

Ordine o disordine… Io sono per un pizzico in più di ordine ma, se ordinare o mantenere ordinato ti stressa al punto di compromettere una sana convivenza, forse è meglio tollerare un pò di disordine e godersi magari qualche uscita in più da condividere con la tua famiglia.

Nessun eccesso fa bene e nessuno ha la risposta certa o la verità in tasca. La creatività a volte nasce dal disordine e le nostre necessità sono tutte soggetive.

Spero però che tu possa prendere qualche spunto per donare qualcosa di veramente importante a te stesso e al tuo figlio, un pò di serenità in più.  A presto!

CONDIVIDI

GENITORE IDEALE- Cos’è l’educazione?

CONDIVIDI

Cos’è l’educazione?

“Prima di sposarmi avevo sei teorie su come allevare i bambini. Ora ho sei bambini e nessuna teoria.”  – Jean Charles 

Ti sei mai chiesto cosa significhi educare e quale sia la modalità educativa migliore per te da mettere in atto con tuo figlio?

E soprattutto, a cosa punta il tuo metodo educativo, qual è quindi lo scopo finale della tipologia di educazione da te scelta?

Il problema è che molto spesso queste sono domande che non ci poniamo neanche…ma semplicemente ripetiamo le modalità apprese a nostra volta dai nostri genitori.

Pertanto utilizziamo le stesse modalità che sono state utilizzate con noi oppure, a volte capita di rifiutarle e agire nel modo completamente opposto da come hanno agito con noi.

“Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo.” – Paulo Freire

Il problema è che in entrambi i casi agiamo impulsivamente, senza un vero scopo educativo, e quindi senza valutare le conseguenze nel lungo termine di ciò che facciamo.

Solitamente i bambini sono visti come dei vasi vuoti da riempire, piantine da raddrizzare, creta da modellare, etc. La nostra visione dell’educazione è quella di dover insegnare loro cose in base alla nostra esperienza.

Quindi, non appena pronunciamo la parola educazione, la prima cosa che ci viene in mente subito è che educare un bambino voglia dire insegnargli il rispetto delle regole.

“L’educazione è il mezzo attraverso il quale i genitori trasmettono i propri difetti ai loro figli. “- Armand Carrel

È piuttosto deprimente vedere come nella maggioranza dei casi non siamo in grado di vedere il loro potenziale enorme, il loro seme interiore pronto a germogliare in tutta la sua maestosità. Crediamo di doverli solo riempire dei valori della nostra famiglia, della cultura o della nostra società.

La maggior parte delle volte anche a scuola, siamo impegnati per lo più ad immettere nel bambino nozioni, abilità, competenze e apprendimenti senza minimamente valorizzare e potenziare quelle che sono le loro capacità e le loro abilità già presenti .

Il problema è che siamo tutti un pò degli indecisi. Non sappiamo bene nemmeno noi ciò che vogliamo dai nostri figli.

“Educare l’uomo è impedirgli la libera espressione della sua personalità. “- Nicolás Gómez Dávila

Affermiamo ad esempio a gran voce  l’importanza dell’autonomia nei ragazzi, però in effetti chiediamo loro di essere si autonomi, ma anche ubbidienti e di fare ciò che noi adulti abbiamo deciso che loro debbano fare.

Vogliamo che siano esseri liberi, ma chiediamo loro di esserci sottomessi. Vogliamo che diventino indipendenti, ma nello stesso tempo vogliamo che seguano sempre i nostri consigli diventando di fatto degli incapaci nel cavarsela da soli.

Ancora oggi utilizziamo un modello di educazione e di istruzione, molto diffuso nel secolo passato, che riflette una società di stampo comportamentista.

“Qualunque cosa soffochi l’individualità è dispotismo, con qualunque nome si chiami.”- John Stuart Mill

In effetti, gli esperimenti di Pavlov hanno dimostrato che si possono influenzare i comportamenti in base a determinati stimoli.

Molti di noi siamo cresciuti così e di conseguenza riproponiamo semplicemente le stesse modalità che abbiamo appreso. Pertanto, andando avanti potresti scoprire che il risultato della difficoltà della relazione che hai con tuo figlio ha radici proprio nelle modalità educative errate.

Se questo dovesse accadere e ti dovessi sentire in colpa per le tue azioni passate, ti chiedo di non biasimarti, semplicemente non conoscevi altre modalità.

Io stessa, nella mia esperienza personale, purtroppo per mio figlio, nei suoi primi anni di vita sia io che la sua prima scuola abbiamo adottato lo stesso sistema educativo fondato sul condizionamento e sul potere.

“I bambini vengono educati da ciò che gli adulti sono e non dai loro discorsi. “- Carl Gustav Jung 

L’importante è ciò che facciamo da ora in avanti, da adesso in poi sei sempre in tempo ad imparare nuove modalità educative sia più etiche che più efficaci a costruire o recuperare la relazione con il tuo bambino.

Oltre all’aspetto etico ampiamente discutibile, il problema maggiore dell’educazione con questa modalità proveniente da un modello derivante dalla psicologia comportamentista, tuttora molto utilizzato, è semplicemente il pessimo risultato che si ottiene.

Utilizziamo i premi e le punizioni, le caramelle e i castighi, utilizziamo il condizionamento per ricevere ubbidienza.

Quando ciò non succede perché i figli, gli alunni, i ragazzi non rispondono come vorremmo, gli adulti si sentono insultati, non rispettati, pervasi da un senso di rabbia, di dispiacere o d’impotenza.

Dal suo utilizzo un risultato è garantito, la perdita di fiducia immediata.

È una relazione impari dove c’è chi vince e chi perde, chi comanda e chi esegue, chi impone e chi obbedisce.

“Le ricompense e le punizioni sono la forma più bassa di educazione.” -Chuang-tzu

Uscendo dal ruolo di superiorità data dal essere adulto, si entra in un rapporto quasi paritario o comunque più democratico, con una conseguente perdita di potere sul bambino.

È decisamente un ruolo più scomodo per l’adulto ed è anche molto più impegnativo nell’immediato riuscire a rinunciare agli strumenti di potere, ma ne derivano dei risultati sorprendenti nella riuscita della relazione.

In questo modello educativo riconosciamo al bambino semplicemente uno dei suoi diritti fondamentali, IL RISPETTO della sua persona.

Se sei ancora qui a leggere, fino a questo punto, vuol dire che anche tu senti l’ urgenza di un cambiamento, che hai la voglia e l’umiltà di metterti in prima fila e di lavorare alla costruzione della migliore relazione possibile con il tuo figlio.

“Occorre liberare il fanciullo dalla schiavitù inconscia che reprime le sue migliori energie, preparando un nuovo mondo per lui. “- M. Montessori

Abbiamo bisogno di riconoscere e rispettare la natura dei ragazzi, di incentrare il rapporto tra adulto e bambino su una tipologia di educazione più democratica e di utilizzare una comunicazione non violenta.

Cambiando il nostro modo di comunicare otterremo una relazione di fiducia, avremo dei bambini naturalmente propensi ad ascoltarci, a cooperare e disposti a vederci come guide ed a prenderci come modelli da seguire.

“Una società sana deve offrire possibilità per l’educazione dell’adulto pressappoco come si provvede oggi all’educazione scolastica del bambino.” – Erich Fromm

Se il tuo i tento è di migliorare la tua relazione con il tuo bambino, se hai capito che quello che stai facendo non porta i risultati sperati, iscriviti alla newsletter o seguendo la pagina facebook di bambino ideale, per non  rischiare di perderti gli articoli futuri.

Inoltre,  se capisci che è soltanto una brutalità che si perpetua da secoli nei confronti dei più piccoli, continua a seguire intanto questi articoli pubblicati periodicamente sul sito, ma sappi che presto ci saranno delle importanti novità.

Sto lavorando ad un progetto molto più ampio e molto più importante che dovrebbe aiutare molti più genitori e spero di averti nella squadra che sostiene un cambiamento direi oramai inevitabile, oltre che necessario nella crescita futura dei nostri figli.

Leggi qui l’articolo che contiene tutti i contenuti del corso dal vivo organizzato per i genitori a marzo del 2019.

A presto!

CONDIVIDI

GENITORE IDEALE -SOFFERENZA PER LA DIVERSITA’

CONDIVIDI

 

GENITORE IDEALE -SOFFERENZA PER LA DIVERSITA’

In questi giorni, mentre stavo leggendo un libro sull’ adolescenza di ragazzi con la sindrome di Asperger, ho avuto conferma di alcune cose sulle quali avevo molto ragionato ultimamente, una di queste è la sofferenza.

Ho sempre pensato che una qualsiasi diagnosi crei una percezione di diversità, che possa aumentare alcune problematiche già presenti nelle nostre vite quotidiane, come in questo caso, la sofferenza di essere o di sentirsi appunto “diversi”, come se la diversità fosse necessariamente un difetto.

In effetti in questo libro si parla di varie problematiche, attraverso anche il racconto della storia vissuta da un ragazzo dall’infanzia, passandro per la preadolescenza ed anche poi, nell’adolescenza.

Così ho avuto ulteriore conferma di quello che ho sempre pensato, su una terribile sofferenza causata soprattutto dalla solitudine, dovuta al fatto di sentirsi diversi.

“La sofferenza peggiore è nella solitudine che l’accompagna.”- André Malraux (La condizione umana, 1933)

Una solitudine forzata, una non appartenenza al gruppo dei “normali”, una sofferenza causata primariamente dal sentirsi diversi, molto più che dal venire trattati da diversi, rischio che aumenta notevolmente in presenza di patologie o di disturbi di qualsiasi tipo, sia visibili che non.

I cosiddetti ragazzi “normali” possono vivere il periodo adolescenziale con tutte le sue difficoltà, ma con una grande certezza, quella di appartenenza ad un gruppo di loro simili, indipendentemente che si tratti del gruppo famiglia, gruppo d’amici o gruppo d’aggregazione sociale.

Può succedere ad esempio di vivere una situazione di incomprensione o di conflitto con la famiglia, ma loro prendono comunque vigore da un forte e stabile senso di appartenenza con il gruppo dei coetanei, un’unione che fortifica perché simili tra loro.

“Le sofferenze, dicono, migliorano l’uomo. Visti i risultati, proverei con la felicità.” – Pino Caruso

Ma ti sei mai chiesto cosa succede quando il ragazzo è diverso, si sente diverso o viene trattato diversamente e non riesce a inserirsi in un gruppo di suoi simili e creare quell’aggregazione e quel senso di sicurezza e di forza che solo l’unione di un gruppo di pari può darti?

Ogni giorno si sente come un alieno sulla terra, ancor più quando, trovandosi alle porte dell’adolescenza, il ragazzo acquisisce più consapevolezza della sua diversità.

Credo che questo provochi una sensazione di solitudine, come quando all’improvviso ci si trova completamente da soli catapultati in un paese straniero, dove non si ha nessuno e dove non si riesce neanche a comunicare nella lingua locale.

La sofferenza è aumentata ulteriormente dalla consapevolezza che non è un soggiorno temporaneo ma, al contrario la permanenza in quel paese straniero della sua “diversità” è definitiva. Un paese dove non esiste la certezza di una possibile integrazione imparando una nuova lingua per potersi fare dei nuovi amici.

Una sofferenza dovuta alla consapevolezza della quasi certezza che probabilmente non esiste una cura per riuscire in un prossimo, o forse nemmeno in un lontano futuro, di poter ritornare nel paese della “normalità”.

“Se fosse vero che le sofferenze rendono migliori, l’umanità avrebbe raggiunto la perfezione.”  – Alessandro Morandotti 

Ecco che, se è quasi normale che nell’adolescenza ci troviamo a dover affrontare varie problematiche di tipo psicologico, nei ragazzi “diversi” la depressione è quasi certa.

Ma come facciamo ad educare gli adulti che hanno interazioni con questi ragazzi, che non li capiscono e che spesso sono convinti che la sofferenza faccia loro solo bene, che la sofferenza rafforzi il carattere e che li tempri, che in qualche modo hanno bisogno di essere preparati alla vita che verrà?

Serve capire che la frustrazione derivante dall’insuccesso di qualsiasi tipo, in una situazione dove l’insuccesso è quotidiano e dove è diventato la norma, non tempra per niente ma anzi, riesce solo a far abbassare ulteriormente l’autostima e la capacità di credere in se stessi.

Serve capire che una frustrazione per dei desideri non realizzati, in una situazione dove il ragazzo non è per nulla contento di come sta andando la  sua vita, non lo rende ragazzo viziato, ma semplicemente li rende il quotidiano un pò più soddisfacente, dandoli più carica per affrontare un nuovo giorno di insoddisfazione, di insuccesso e di “diversità”.

Non è vero che la sofferenza nobilita il carattere; la felicità a volte lo fa, ma la sofferenza, il più delle volte, rende gli uomini meschini e vendicativi. – William Somerset Maugham

Non è forse vero che siamo tutti convinti che la frustrazione, l’insuccesso, la privazione ci rendano più forti? Che nel momento stesso in cui viviamo una situazione di disperazione, una grossa perdita o compiamo un grave sbaglio che ci costa molto in termini di perdite, è allora che diventiamo più forti e cresciamo?

Tutto ciò può essere tremendamente vero, lo credo fermamente anche io. Le più importanti lezioni le ho imparate in questo tipo di situazioni difficili che ho incontrato nella vita e sono state le più grandi occasioni di crescita.

Non possiamo negare però che accanto alle difficoltà incontrate, nessuno di noi ha avuto insuccesso in tutti i campi della propria vita. Magari hai avuto problemi di lavoro, ma ti hanno sempre sostenuto le amicizie ed i famigliari, dove trovavi sempre conforto.

Se hai avuto invece il partner che ti ha lasciato, magari sei uscito di più con degli amici e ti sei applicato di più nel lavoro facendo più carriera. È difficile che una persona subisca dei periodi talmente sfortunati da perdere tutto insieme e riusire contemporaneamente a rimanere comunque indenne, senza avere la necessità di un supporto psicologico.

“Non basta soffrire. Bisogna anche saper soffrire. Solo così il dolore educa, matura, riscatta.” – Roberto Gervaso

Tutto quello che serve è mettersi realmente in ascolto dei loro pensieri, conoscere i loro sentimenti, avere un pò di sensibilità e riuscire a vedere quale è la  loro situazione di partenza.

Infatti la sofferenza può essere utile, ma è una  questione di quantità, di riuscire come un’alchimista ad impiegare tutto nei giusti dosaggi.

A volte vogliamo motivali, spronarli a reagire, vorremmo solo che diventassero più grintosi, ma non sapendo bene come fare, usiamo dei metodi e delle modalità che riescono solo ad allontanarci da loro.

Non possiamo non preoccuparci del loro benessere emotivo prima di occuparci delle regole che dovrebbero rispettare. Per un ragazzo “diverso” è fondamentale avere una buona relazione empatica con le persone intorno a lui, sentirsi accettato per quello che è.

Noi vorremmo proteggerlo dalle difficoltà della vita, ma l’unica buona eredita che possiamo lasciarli è di volersi bene, accettarsi e amare la sua diversità.

Ma tutto questo non è possibile se noi per primi non lo accettiamo, non lo apprezziamo, non lo amiamo proprio perché è diverso, ed invece lo vorremmo normalizzare e conformare ad un modello.

Dato che nella nostra mente esiste un bambino ideale, quando vediamo questi ragazzi la nostra è prevalentemente una sofferenza per il fatto che loro non siano neanche un pò vicini a quel nostro modello.

Ci concentriamo su quello che il ragazzo non sa fare, su quello che non è, su quello che non sa, su quanto non sia come quel nostro ideale, come quello che la società ci dice che dovrebbe essere un ragazzo “normale”.

“Il grande errore umano è di soffrire. Guai agli infelici!  E l’universo trionfa nel cuore di uno scellerato soddisfatto.”   – Jean Rostand

Soprattutto nell’esperienza scolastica viene evidenziata una discrepanza enorme, difficilissima da colmare, tra quello che il ragazzo dovrebbe imparare e quello che realmente impara.

Il nostro sistema scolastico vorrebbe essere inclusivo ma è fortemente competitivo. Premia i risultati e mette in risalto laddove ci sono delle difficoltà, molto spesso provoca danni.

Queste difficoltà scolastiche si aggiungono a quelle già esistenti. Col crescere aumenta la possibilità che il loro equilibrio emotivo e di difficoltà di  socializzazione diventi ancor più precario.

Si aggiungono i turbamenti ormonali, vorrebbero maggiore vicinanza con gli altri ed anche avere più libertà e autonomia dalla famiglia. Necessitano di sentirsi parte di qualcosa, di andare a prendersi il loro spazio nel mondo, di fare le loro prime conquiste.

Ma come è possibile che loro possano fare tutto questo, se non abbiamo insegnato loro ad amarsi ,ad apprezzare le loro qualità, ad avere fiducia nelle loro capacità..?

Soprattutto come possiamo insegnare loro tutto questo, se noi per primi non riusciamo a vedere il bello che c’è nelle loro peculiarità, se non abbiamo fiducia che troveranno la loro strada pur diversa dalle nostre aspettative iniziali, se non trasmettiamo loro la nostra gioia per la loro unicità..?

“Non si può avere compatimento per gli altri, quando abbiamo troppo da soffrire per noi stessi.” – Luigi Pirandello

Raccontami cosa ne pensi delle difficoltà adolescenziali, del bisogno di frustrazioni per crescere, della sofferenza per solitudine dovuta alla diversità.

Se hai avutto invece a che fare con questo argomento da vicino, o con una tua personale esperienza, mi piacerebbe se la riportassi nei commenti. Grazie!

Se l’articolo ti è piaciuto puoi sentirti libero/a di condividerlo. Ricordati di registrarti sul sito inserendo l’email nella sezione NEWSLETTER o di mettere like sulla pagina facebook  se vuoi ricevere i futuri articoli di bambino ideale

A presto!

 

CONDIVIDI

Genitore ideale- Quali regole dare ai bambini?

Le regole, quali servono (o forse non servono) per educare i nostri figli? Quante e quali regole bisogna dare ai bambini? Quanta confusione…

CONDIVIDI

regole

Quali regole dare ai bambini? Le regole, quali servono (o forse non servono) per educare i nostri figli? Quante e quali regole bisogna dare ai bambini? Quanta confusione…

Per poter prendere una posizione ed esprimere una propria opinione, abbiamo una grossa difficoltà da superare. Dovremmo cioè definire esattamente il significato della parola. Non possiamo parlare di una qualsiasi cosa, pensando tutti alla stessa cosa, ma che per ognuno ha un significato diverso.

“La regola d’oro è che non ci sono regole d’oro.” – George Bernard Shaw

Quindi, prima di tutto si dovrebbe sapere esattamente cosa significa la parola regola. Molto spesso si attribuiscono significati personali alle parole. Per evitare l’interpretazione soggettiva,  ci viene in aiuto il dizionario, con le sue varie definizioni:

  • Ordine costante, ripetutamente verificato, di una serie di eventi
  • Norma di comportamento dettata perlopiù dalla consuetudine, dall’esperienza
  • Misura, moderazione
  • Modalità convenzionalmente stabilita secondo la quale si svolge un’attività
  • Complesso di norme che governano la vita di un ordine religioso
  • Norma che prescrive un certo comportamento linguistico, etc.

“Non ci sono eccezioni alla regola, che a tutti piace essere un’eccezione alla regola.” -Charles Osgood

Se le regole sono un ordine costante, ripetuto, delle norme che regolano il comportamento, dettato dalla consuetudine, non verrà un pò a meno la fantasia e la creatività? Personalmente, mi vengono in mente le file indiane, le file di soldati, il cambio della guardia della regina Elisabetta…

Non sono forse dei movimenti stereotipati, sempre uguali, meccanici come quelli eseguiti da dei robot? Intendo, hai presente la differenza tra un sirtaki e una bachata?

“Per studiare musica, dobbiamo imparare le regole. Per creare musica, dobbiamo dimenticarle.” – Nadia Boulanger

La regola è però anche moderazione, modalità convenzionalmente stabilità, complesso di norme che regolano la vita e che prescrivono comportamenti…

Quindi le regole sono anche i limiti di velocità su strada, la guida a destra e i semafori, il galateo, il regolamento condominiale, etc. Sarai d’accordo con me che sti benedetti semafori ci servono, che non possiamo passare tutti insieme, o in base al fatto che il mio colore preferito sia il rosso piuttosto che il verde…

Quindi ste regole ci servono oppure no? Ma soprattutto quali regole dobbiamo insegnare ai nostri figli?

“Alcune regole non sono altro che vecchie abitudini che le persone hanno paura di cambiare.” – Therese Anne Fowler

Tutte le regole sono deleterie per i nostri figli e creano ribelione, quando vengono imposte, quando creano malessere, quando non c’è una ragione sufficientemente valida da impedire la trasgressione delle stesse.

L’abitudine di noi adulti è di forzare i bambini ad apprendere delle nostre regole. Spesso lo facciamo anche imponendole con tutti mezzi ai nostri figli.

Il semaforo rosso mi può salvare la vita e un bambino è sufficientemente intelligente da capire questo anche in tenerissima età. Quello che forse non riesce a capire potrebbe essere ad esempio, il perché non può fare la scarpetta sul proprio piatto, quando il sugo della nonna è così tanto buono, ed è invece meglio buttarlo via.

“Le regole sono per gli stupidi e non rappresentano per il saggio più che un orientamento generale.” -Wilbur Smith

Tornando al discorso del semaforo, abbiamo detto che è utile per salvarci la vita ed anche per facilitarci nel quotidiano, ma è pur sempre una convenzione, utile, ma semplicemente una convenzione socialmente condivisa.

Potremmo decidere tutti quanti che da domani si passi con il giallo e che per fermarsi bisogna aspettare il viola. Lo vediamo benissimo in Inghilterra come tutti guidano al contrario del resto del mondo. Hanno semplicemente scelto e deciso convenzionalmente che questa sarebbe stata la loro regola.

Potremmo inoltre dire che le regole sono anche fortemente influenzate dalla tradizione, dalla religione e dalla cultura di appartenenza. Indipendentemente dal fatto che siano (o vengano considerate) etiche o meno, esistono delle regole accettate convenzionalmente e che permettono determinati comportamenti.

La nostra cultura ha scelto ad esempio come regola la monogamia, a differenza di altre culture. Alcuni hanno la regola di venerare gli animali come le mucche, altri di mangiare animali domestici, altri ancora di ammazzare gli agnelli a Pasqua, altri hanno le regola di finire tutto nel piatto ed altri di lasciare l’avanzo, altri di fare l’albero a Natale.

“Tutte le leggi sono fatte da vecchi e da uomini. I giovani vogliono le eccezioni, i vecchi le regole.” -Johann Wolfgang Goethe

Ora, indipendentemente da ciò che ci viene imposto, fin da quando siamo bambini, abbiamo comunque una nostra struttura interna, un nostro temperamento, un nostro sentire interiore e una nostra propria coscienza, che non sempre riesce ad ammettere e condividere tutte le regole scelte da altri.

Quando obblighiamo i nostri figli ad accettare regole che non condividono, togliamo loro la creatività e reprimiamo la loro coscienza, a forza li adattiamo creando in loro disaggio e malessere. Tarpiamo loro le ali creando i presupposti per lo sviluppo di adulti frustrati che vivono vite smarrite e inappaganti, che non accettano il proprio sentire interiore, quando questo non fa parte delle regole socialmente condivise.

Quindi, anche da adulti, impariamo ad essere ubbidienti bloccandoci nelle situazioni che ci si presentano, perché non vediamo alternative, ci mancano le istruzioni dall’esterno. Non siamo più in grado di trovare soluzioni, ci serve un esperto che ci guidi in tutto, che ci dia delle dritte.

Persone molto “brave”, ma incapaci di prendersi le responsabilità della propria vita, il potere delle scelte nelle proprie mani. Sei sicuro di volere questo per i tuoi bambini?

“Le regole e i modelli distruggono il genio e l’arte.” -William Hazlitt

Molti genitori appagano il proprio ego attraverso il ruolo genitoriale. In effetti, quanto piacere si trae quando il figlio piccolissimo, a richiesta sa ripetere i suoi comandi, balla e dice le poesie a parenti e amici.? E questo succede anche se impara le tabelline già in seconda, oppure se scrive ancora prima di iniziare la scuola.

Al contrario non sappiamo come gestire la frustrazione (o siamo molto in difficoltà), quando il proprio figlio adotta dei comportamenti diversi da quelli che noi reputiamo corretti per la nostra personalità, o che tutti consideriamo una buona regola, convenzionalmente accettata.

Trattiamo tutti allo stesso modo, vogliamo che tutti imparino le stesse regole indistintamente, anche quando per loro questa è una imposizione inutile, che non capiscono e che vedono come una cosa che toglie soltanto loro del tempo dal gioco.

“Si fanno le regole per gli altri, e delle eccezioni per sé stessi.” -Charles Lemesle

Si sta seduti a tavola per almeno un’ora finche tutti non finiscono di mangiare. Questa regola di per sé non è sbagliata. Ma è una regola imposta a tutti, anche a chi ha un carattere un po’ più irrequieto, a bambini molto piccoli o semplicemente più vivaci.

Si mangia tutti seduti a tavola, si aspetta di iniziare e di finire tutti insieme. Cosa bellissima, nulla da dire, ma è davvero tanto importante questa regola per te. Credi davvero che tuo figlio avrà vita dura e sarà un disadattato se non si comporterà sempre così?

Tu non mangi mai sul divano, non ti capita mai di guardare il cellulare, non mangi mai in piedi al bar in cinque minuti? Ti senti per questo una persona che non è apposto come gli altri?

“I più grandi crimini nel mondo non sono commessi da persone che infrangono le regole, ma da persone che seguono le regole. E’ gente che segue gli ordini che bombarda e distrugge villaggi.” – Banksy

Alcune regole servono per facilitarci la vita, per evitare equivoci nella comunicazione, per capirci al volo. Ma il più delle volte, abbiamo regole anche per come si devono fare i nodi ai lacci delle scarpe.

Non credi anche tu che il tuo figlio vivrà una vita molto più serena e appagante se riuscirai a dargli poche regole chiare e da lui condivise, che lo guidino come una bussola nella vita? Pensi davvero che se invece lo lascerai esprimersi liberamente diventerà un selvaggio incapace di stare al mondo?

Tutto questo soltanto perché fa la scarpetta al piatto che adora, non vede l’ora di finire di mangiare per poter giocare o non usa la forchetta come dice il galateo o perché giocando così poi si sporca, quando invece i bambini è regola che siano belli puliti

“La coscienza è la più mutevole delle regole.” -Luc de Clapiers de Vauvenargues

Pensi di poter cambiare qualcosa da oggi in poi, di dover modificare alcune delle tue abitudini nel definire le regole per tuo figlio?

Vorrei conoscere le tue riflessioni o la tua personale esperienza, quindi mi piacerebbe se la riportassi nei commenti. Grazie!

Se l’articolo ti è piaciuto puoi sentirti libero/a di condividerlo e ricordati di registrarti sul sito nella sezione NEWSLETTER o di mettere un like sulla pagina facebook se vuoi ricevere i futuri articoli di bambino ideale

A presto!

 

CONDIVIDI